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Naturacrea, maestri di potatura

8 Febbraio 2021

Quando il verde ti cambia la vita. Da un giorno all’altro. Questione di passione, di istinto ma anche di ragione. Federico Paniccià ha scritto una grande storia. D’amore, prima di tutto. Diventata rigore estremo per il proprio lavoro, ogni energia gettata nel contenitore della sua Naturacrea nell’alto maceratese, al confine fra Marche ed Umbria.

Zona appenninica, avvolta da boschi e immersa nella macchia mediterranea. Fino ai 2500 metri del monte Vettore. Gli alberi al centro di tutto, ma non solo. Ha 42 anni Paniccià, a capo di una squadra ogni giorno più forte. Più solida, più affiatata. Con un occhio speciale per il territorio, come una missione vera e propria. Partita dal nulla. O quasi.

Paniccià, la scintilla quand’è scoccata?

Vivevo a Londra, facevo l’assistente manager di una compagna di ristorazione. Ufficio sotto la London Eye, la ruota panoramica. Me la passavo anche piuttosto bene. Una mattina però, all’improvviso, sentii la mancanza delle mie montagne. Tempo una settimana ed ero di nuovo a casa, in un’Italia comunque in piena crisi. Fa niente, la mia decisione ormai l’avevo presa. Ho sempre amato il verde. Ed in quel mondo io volevo entrare.

A quel punto?

Tre giorni dopo mi chiamò un mio amico che lavorava con dei giardinieri a Porto Civitanova Marche. Iniziai a dargli una mano. Mi appassionai.

Il richiamo delle radici…

Proprio così. Il lavoro di mio padre era in ospedale, ma nel tempo libero tagliava la legna nei boschi. Io stesso nacqui in mezzo alle montagne, con la motosega in mano. Ad un certo punto, tornando alla mia vita che avevo deciso di cambiare, dopo tre anni nella mia zona s’avvertì la mancanza di qualcuno che curasse il verde per davvero. Mi sganciai così dal mio amico e creai la mia ditta a Castelraimondo. Era nata Naturacrea.

I primi passi?

Potando grossi alberi. Soprattutto querce. Poi tutto è venuto di conseguenza, finché ho conosciuto l’Associazione Italiana Professionisti del Verde. Di cui sono ora segretario della delegazione delle Marche.

Il posto migliore al mondo dove fare l’arboricoltore?

Può essere anche sotto casa nostra. La discriminante è la conoscenza. La differenza la fa la gestione dell’albero. Facendo tutto nel modo giusto, in modo tale che anche il cliente capisca qual è il modo corretto in cui operare. Diciamo le cose come stanno, la cultura del verde in Italia non esiste. Spesso quindi la gente associa una gestione malfatta ad una gestione ordinaria. Siamo noi spesso quelli strani. L’esempio invece deve partire proprio dall’alto.

Com’è cambiato l’abbattimento degli alberi in Italia?

Si abbatte molto. Ne registriamo tantissimi di abbattimenti, spesso però determinati da potature sbagliate. Quelle che ne rovinano la struttura. La verità è che i danni provocati da errori di potatura non si vedono subito, si vedono dopo trenta o quarant’anni. Non a caso in ambito comunale si lavora per lo più su alberature destrutturate e quindi non sicure, che andrebbero rimosse perché per esempio con rami resi deboli da antichi sbagli della mano dell’uomo. Quando sbagli in partenza la ricrescita non potrà che essere d’emergenza. Quindi per niente naturale.

Quanto è cambiato invece il parco macchine di un arboricoltore?

Molto. Perché la tecnologia va avanti, così come l’innovazione. Le macchine sono più leggere, soprattutto è stata introdotta la batteria. Sarà quello il futuro. Quando si tratta di eseguire opere di potatura anche di una certa consistenza usiamo le motoseghe a batteria. Per l’abbattimento è chiaro invece che serve un prodotto a motore. Ormai la direzione però è presa. La batteria può sostituire i vecchi decespugliatori, rasaerba e motoseghe da giardinaggio. Con tutti i vantaggi del caso, specie per quel che riguarda il rumore. Con la possibilità quindi di poter lavorare in un condominio anche alle due del pomeriggio. Non è poco.

Che mercato è quello delle castagne?

La castanicoltura quest’anno è andata molto bene, fra il marrone dell’Appennino e i castagni selvatici con la raccolta di ottobre. Il mercato è anche rigoglioso, a parte i precedenti quattro anni per l’attacco della vespa cinese che l’ha limitato alla sola palistica.

Lo stato degli alberi nella vostra area?

Bisogna intanto fare una distinzione. Fra gestione comunale e privata. Più sensibili mediamente i privati. Noi lavoriamo con quattro comuni, coi quali abbiamo raggiunto obiettivi che prima ci parevano inimmaginabili. Come a Matelica, come a Castelraimondo. Per tre anni abbiamo curato gli appalti delle alberature dei viali cittadini. All’inizio con gli amministratori ci siamo anche scontrati, abituati com’erano a fare lavori al ribasso. Quindi con una bassissima attenzione al risultato finale. Non ci restava altro che fare una cosa perché la situazione si sbloccasse.

Quale?

Abbiamo dimostrato come un lavoro a regola d’arte faccia alla fine dei conti garantisca un certo risparmio rispetto ad una manutenzione fatta male nel breve che ad occhio nudo può apparire conveniente. Non è così nel lungo periodo. In più questi viali ora sono bellissimi.

Il maggior rischio delle municipalità?

Ogni volta dipende da chi trovi. Dall’amministrazione che trovi, dall’assessore che trovi. Con leggi che ognuno può per certi versi interpretare a modo suo. Ogni comune ne ha di sue. E così le regioni.

La soluzione?

Se non usciranno leggi specifiche, parlo di un vero capitolato del verde con le stesse regole per tutti, continueremo a dover fare i conti con regole diverse e quindi fuorvianti. Finché a livello legislativo non ci sarà un piano comune obbligatorio per tutti vedo poco futuro.

Nel frattempo?

Continuiamo a sensibilizzare i comuni. Anche senza guadagnarci un soldo. Come una missione necessaria. Poi però mi capita di girare l’angolo e vedi gestioni che non stanno né in cielo né in terra. I comuni sono molto importanti, sono il modello per i cittadini. A patto però di fare tutto nella maniera corretta, difficile però senza adeguati investimenti. A Castelraimondo abbiamo anche donato un acero riccio, consegnato alle scuole elementari. I bambini li abbiamo anche portati nei castagneti, spiegando tutti i vari passaggi del lavoro che facciamo noi. I bambini sono rimasti entusiasti. Così si fa. Le nuove generazioni vanno educate come si deve.

Come sta l’Italia rispetto al resto dell’Europa?

Di sicuro è indietro di una ventina d’anni rispetto alla Germania, all’Austria, alla Svizzera. E non parliamo dell’Inghilterra. Un gap  notevole, per di più in un territorio come quello italiano in gran parte verde.

Avete creato anche delle associazioni…

Ci piace dare un contributo al sociale. Mio fratello Marco fa parte di “Io non crollo”, un’associazione che ha assistito soprattutto ai tempi del terremoto le famiglie che più avevano bisogno. Quelle rimaste senza case, quelle di paesini di montagna avvolti dalla neve e quindi difficilmente raggiungibili.

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